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- il Potere del Buffone di corte, con e senza permesso del Re
- la Scorrettezza permessa, attraverso la richiesta di far ridere, che diventa Passepartout per la Scorrettezza vietata, attraverso la Risata che mina il potere e che racconta tra le righe, fingendosi buffa
- il messaggio in forma greve, semplificata, ironica, per essere comprensibile a tutti, al popolo, ai bimbi, ai contorti, agli indecisi
- il Compito del Giullare, che vuole risvegliare le coscienze, doverosamente rispondendo ai suoi concittadini e non al Mecenate
Da più di mille anni esistono i menestrelli, artisti vagabondi di professione che per secoli girarono di villaggio in villaggio, di castello in castello, narrando gesta ed accadimenti.
La loro attività principale è quella di narrare "Chanson de geste", ovvero "cronache di gesta" in cui si racconta la cronaca di attualità in maniera epica.
Celeberrima la Chanson de Roland, del 1100 circa, che celebra le prodezze di Carlo Magno, Rolando ed altri famosi personaggi.
Hanno attraversato ere, continuando imperterriti e beneaccolti, patendo però un declino di popolarità quando per le strade arrivarono prima la stampa e poi la televisione.
La cronaca veniva portata alla gente attraverso gli strumenti di comunicazione di massa, e quindi i cantastorie si ritirarono sempre più in spazi ridotti, in ambiti relegati, riservati, poetici.
Ma sembra stia accadendo una rivalutazione del ruolo dei cantastorie e della loro opera.
Sarà per caso legato al fatto che giornali e televisione non veicolano più notizie alla gente?
E che quel che portano in strada sembra ai più solo il verso dei potenti, inteso come righe in rima ma anche come suono gutturale e volgare?
Sgangherati, strambovestiti, farciti di smorfie sberleffi e smancerie, Capitan Fracassa e i suoi saltimbanchi gironzolano da anni per le piazze e per le vie, esibendo le loro arti baruffone e diseredate.
Un'ottofantacentesca carovana di ciarlatani, composta da giullari, gabbamondo e storpiaocchi, che favoleggiano di storiacce somiglianti al reale, cantano di canzoni stralunate e blaterano di vicende che nessuno vuol dire.
Nella linea della Commedia dell'arte, del teatro civile, l'Extraordiner Compagnì mette in scena racconti vicini e lontani, suscitando sorrisi e assennatezze.
Perchè seppur gabbamondo, sti saltimbanchi girastrade di faccende ne han sentite, di storie ne han studiate, raccolte, approfondite!
Sul mondo, sulla vita, sul trantran di tutti i dì.
Fatti e misfatti del nostro quotidiano, paradossali e poco inclini alla linea del sovrano.
E così finisce come con lo scemo del villaggio, che se ti fermi ad ascoltarlo, ti sembra pure che abbia illuminazioni sorprendenti.
Insomma, nel Paese del Vaniloquio, l'Extraordiner Compagnì si mette a sproloquiare.
A forza di teatrar in strada, cian preso la mano a raccontare storielle ad effetto e storiacce che nessuno vuol dire.
Che di temi complicati ce ne sono da affrontare. E di pratiche diverse, ce ne voglion per cambiare.
Per far ridere e riflettere, farciti di canzoni e costumi strambopinti, con una formula dalle radici antiche e un po' stravaganti.
Recuperando la tradizione del Tribunale dei folli, che fornisce a qualunque buffone la patente per mettere pubblicamente al rogo i potenti, dal medioevo ad oggi, come ad esempio nell'odierno carnevale marsigliese.



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